Un attacco di panico è caratterizzato da quattro o più dei seguenti sintomi: palpitazioni, cardiopalmo o tachicardia; sudorazione; tremori; sensazione di respirazione difficoltosa o di soffocamento; sensazione di asfissia; dolore o fastidio al petto; nausea o disturbi addominali; sensazioni di sbandamento, instabilità, testa leggera o svenimento; derealizzazione (sensazione di irrealtà) o depersonalizzazione (essere distaccati da sé stessi); paura di perdere il controllo o di impazzire; paura di morire; sensazioni di torpore o di formicolio; brividi o vampate di calore. Nel disturbo di panico senza agorafobia gli attacchi di panico possono presentarsi in modo ricorrente e inaspettato. Insorge la preoccupazione di avere altri attacchi insieme con quella delle conseguenze dell’attacco stesso, come andare incontro a un infarto oppure impazzire.
C’è poi il disturbo di panico con agorafobia, in cui gli attacchi di panico si manifestano su uno sfondo costituito da un’ansia relativa all’essere in luoghi o situazioni da cui sarebbe difficile o imbarazzante allontanarsi, o in cui potrebbe non essere disponibile aiuto nel caso di un attacco di panico inaspettato. Succede allora che gli anzidetti contesti ansiogeni vengono evitati, o sopportati con profondo disagio, oppure con la richiesta presenza di un accompagnatore. Nell’agorafobia senza disturbo di panico sono assenti i criteri che definiscono il disturbo di panico, anche se c’è la paura di sintomi tipo panico, come ad esempio le vertigini o la diarrea.
Per quanto riguarda il trattamento, è importante associare tecniche cognitive e di esposizione. Quest’ultima va condotta con gradualità, in modo che la sicurezza acquisita nei passi espositivi già realizzati faccia da base e supporto per l’avanzamento in quelli che seguono. Ogni scalino sarà misurato in modo da non essere né eccedente, né insufficiente per consentire dapprima un effettivo padroneggiamento dell’ansia e quindi l’esperienza della sua de-catastrofizzazione (si scopre che gli eventi temuti dell’attacco cardiaco o della follia non sopravvengono). L’aspetto più squisitamente cognitivo del trattamento mira nel disturbo di attacco di panico a rompere il circolo vizioso che si instaura fra correlati somatico/mentali dell’ansia da una parte e rappresentazioni catastrofiche dall’altra. Ciò che caratterizza gli attacchi di panico è, infatti, l’interpretazione in chiave tragica e disastrosa di fenomeni che per loro natura appartengono invece alla sfera di un fisiologico, per quanto eclatante, quadro ansioso. Tale interpretazione, non rimane però inerte su detto quadro, ma viene a inasprirlo e a esasperalo. Da qui sorge un ulteriore drammatizzazione delle rappresentazioni con cui il paziente osserva quanto gli accade, e così via. Nel corso della terapia il paziente sviluppa progressivamente la capacità di riconoscere intimamente l’ansia e i suoi correlati, senza scambiarla per qualcosa che preannuncia la rovina. L’acquisizione di tale competenza attenua via via il circolo vizioso, fino a che il paziente riesce ad estinguerlo del tutto. L’agorafobia merita a sua volta di essere affrontata oltre che con la procedura dell’esposizione controllata anche con una strategia eminentemente cognitiva, mirata alla consapevolezza di un profondo senso di solitudine e fragilità che prevale nella mente quando esordisce tale disturbo.