Lo stato doloroso, il lutto che segue la morte di una persona cara è una delle prove più impegnative che l’esistenza ci impone. La perdita di significato che l’evento comporta, la ricerca di un senso per quel che è accaduto, la difficoltà a rendersene conto, la sofferenza per il dolore patito dall’altro e l’afflizione per la sua perdita, i sentimenti di profonda solitudine, disperazione, rabbia, ansia, senso di colpa, così come il bisogno di conforto e la necessità di ripensare il proprio vivere quotidiano rappresentano nel loro insieme il quadro complesso che caratterizza il lutto. Chi rimane ha bisogno di confrontarsi con i propri vissuti, di esprimerli, di condividerli e di elaborarli. Non sempre si riesce a realizzare ciò. Vari motivi possono ostacolare il decorso di un processo di progressiva accettazione della perdita per morte di un proprio caro. Fra essi il tipo di legame e di rapporto che si aveva con lui, la storia della relazione, l’età che aveva al momento della sua scomparsa, la modalità con cui si è verificato il decesso, lo stile affettivo del superstite, la sua visione della morte, etc.
Oggi c’è una nuova procedura psicoterapeutica finalizzata a curare il profondo dolore di una perdita conseguente alla morte di una persona cara: l’Induced After Death Communication (esperienza di comunicazione con la persona perduta che avviene dopo la sua morte grazie a uno stato di ricettività indotto). Questa metodologia di intervento (l’acronimo è IADC) è la grande scoperta di Allan Botkin, psicoterapeuta americano che nel corso del proprio lavoro con i reduci di guerra si imbatté casualmente in questa possibilità di cura del lutto.
La procedura di IADC può essere attuata da sola oppure venire integrata in un trattamento psicoterapeutico più ampio. Nell’arco di due sedute lo psicoterapeuta assiste il paziente promuovendo l’emergenza di uno stato mentale di ricettivà che permette, attraverso una o più modalità sensoriali, di accedere a un’esperienza di contatto e comunicazione con il proprio caro. Da ciò nasce la possibilità di una radicale rilettura dell’evento luttuoso e con essa l’acquisizione di una rinnovata serenità. E’ chiaro, inoltre, che si tratta di un’esperienza che, oltre a essere ricca di valore clinico, si colloca anche oltre i confini della psicoterapia e dei suoi normali obiettivi; essa tende, per chi la vive, a far evolvere nel segno della spiritualità e dei suoi valori il senso della vita.