Cominciamo a parlare di scuola. Difendiamo i nostri figli dalla passività cui sono costretti

C’è un esperimento  molto interessante che fu condotto da Held ed Hein nel lontano 1963. Due gattini  della stessa figliata vennero posti per varie ore del giorno in un dispositivo che a uno di loro permetteva di muoversi ed esplorare l’ambiente in un modo attivo e all’altro solo di essere trasportato passivamente su una piattaforma trainata dal primo tramite i suoi spostamenti. I due gattini videro le stesse cose, ma con una differenza. Mentre uno di loro assumeva l’iniziativa l’altro si trovava in un ruolo totalmente passivo: poteva sì vedere, ma senza decidere che cosa e in che modo. Quando non si trovavano nel dispositivo mobile i due cuccioli stava al buio con la mdre. Alcune settimane dopo il gattino attivo si era costruito un suo modello del mondo fisico, come dimostrava il fatto che si spostava agevolmente in esso, mentre il gattino che era stato passivizzato non aveva maturato un’appropriata cononoscena dello spazio circostante, come dismostrato dal fatto che le sue scelte motorie risultavano  decisamente indeguate alle sue caratteristiche. Questo esperiemento ci dimostra che la conoscenza è attiva. Ora pensate alla nostra scuola. E’ progettata e organizzata per evocare forme di conoscenza attiva nei bambini e nei ragazzi o per riversare in loro, a mo’ di contenitori passivi, nozioni che non hanno cercato e che non sanno come sono giunte fino a loro? Diceva Sir Karl Popper che la scuola dà risposte a domande che non sono mai state formulate. I risultati? Terribilmente negativi, da molti punti di vista. Che rapporto c’è fra quello di cui hanno sentito parlare a scuola i nostri figli e ciò di cui ricordano qualcosa? E cosa ne hanno effettivamente capito? E quanto se ne sono appassionati? Non dovremmo dunque far scendere i nostri figli dal quel dispositivo che gli fa vedere tutto ma senza che siano loro a guidarlo e a decidere cosa esplorare?

Lascia un commento